CINEMA E TV

Crialese per gli Oscar: giusto o sbagliato?

11/10/2011

Il 28 settembre la Commissione di Selezione dell’Anica ha annunciato la candidatura di Terraferma, ultimo film di Emanuele Crialese, come rappresentante italiano per concorrere nella categoria “Miglior film straniero” agli Academy Awards 2011. Il film – quarto lungometraggio di Crialese, dopo Once We Were Strangers (1997), Respiro (2002) e Nuovomondo (2006) – è una co-produzione italo-francese, sostenuta tra l’altro dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. E’ stato presentato in concorso al Festival di Venezia di quest’anno, ed è nelle sale da settembre con buon successo di pubblico e di critica.

Nel panorama cinematografico italiano contemporaneo, Crialese è indubbiamente un nome in ascesa, uno dei più interessanti, assieme ai più osannati (e già più internazionali) Garrone e Sorrentino. Chi scrive non ha ancora avuto la possibilità di vedere Terraferma, per cui non ci occuperemo, in questo articolo, del film in sé, quanto piuttosto del ruolo che il film è stato scelto per ricoprire: candidato italiano agli Oscar. Scelta giusta o sbagliata? Domanda non retorica, che rivolgiamo veramente ai lettori, se vorranno darci un parere scrivendo a redazione@video.it.

Perché il problema dei film italiani all’estero è che, anche quando sono di buona o di ottima fattura, sono spesso troppo regionalistici per essere veramente capiti, e per poter avere un reale impatto su mondi diversi e distanti. Non stiamo dicendo che il cinema italiano debba omologarsi a quello americano, intendiamoci. E’ giusto raccontare le proprie storie, le storie che si percepiscono come importanti e in grado di svelare aspetti non banali della società italiana e del tempo presente.

Però facciamo un piccolo passo indietro e vediamo quali sono gli ultimi film italiani che hanno vinto l’Oscar nella categoria “miglior film straniero”. Partendo dai più recenti, abbiamo La vita è bella (Benigni, 1999), Mediterraneo (Salvatores, 1992) e Nuovo cinema Paradiso (Tornatore, 1990). Per trovare un altro Oscar italiano per il miglior film straniero bisogna tornare al 1975, con Amarcord di Fellini. E, prima ancora, al Visconti de Il giardino dei Finzi-Contini (1972) e all’Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (Petri, 1971).

Amarcord è forse il paradigma del film estremamente radicato nella cultura che l’ha prodotto (con addirittura aspetti dialettali!) eppure esportabile e in grado di interessare anche ambienti e mercati lontani. Altri tra i film citati vanno a toccare aspetti della “italian way of life” generalmente condivisi all’estero: Mediterraneo e Nuovo Cinema Paradiso in particolare. Il film di Petri, invece, va valutato a parte, è frutto di una stagione di grande cinema “politico”…

La vita è bella, infine, conquistò principalmente per la verve di Roberto Benigni che, agli occhi del pubblico statunitense, rinverdì i fasti della comicità alla Charlie Chaplin. Era comunque il 1999. Sono passati 12 anni e nessun film italiano, in questo lasso di tempo, ha vinto l’Oscar per il miglior film straniero, nonostante l’ultimo decennio abbia visto l’affermarsi di autori del calibro dei succitati Sorrentino e Garrone, che si sono messi in bella mostra in diversi festival internazionali.

Già lo scorso anno si scelse di far rappresentare il cinema italiano da un autore tutto sommato “locale” come Paolo Virzì. La domanda dunque è: non sarà Crialese, a sua volta, un po’ troppo “locale”, un po’… troppo italiano? Ovviamente poniamo la domanda senza polemica e senza acredine, per avviare una discussione, non per criticare a scatola chiusa. E ci premureremo, anzitutto, di vedere Terraferma e valutarlo come opera in sé, senza abboccare allo “specchietto per le allodole” che è la candidatura per gli Academy Awards.

Davide Gazzaniga   

 
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